



Sul pontile di Geolia il sole tramonta sullo Stromboli, mentre io abito il palazzo della solitudine, del dolore e della vita sospesa. Cammino lentamente, mentre ombre silenti mi seguono, mi stanno accanto , mi sorpassano, sono volti di anime contadine. Anime, che hanno lasciato gli ulivi del natio borgo per starmi accanto, e che danzano nell’aria profumata di giugno. Anime, che abitano al confine di due mondi vicini e paralleli, e che a volte varcano la soglia per piangere insieme a noi. Non si fanno vedere; non li vediamo, ma li percepiamo nella carezza del vento sulla pelle, nei tramonti e nelle albe dorate, nel profumo della terra bruciata dal sole e dell’erba appena tagliata. La notte volteggiano alla luce della luna, attraversano i crocicchi cari a Ecate. Anime silenti, che oltrepassano il confine per narrare l’amore che fu e che mai sarà. Giugno nell’antica Roma era il mese in onore della dea Giunone. Era definito anche il mese del sole e ciò deriva dal fatto che il 21º giorno del mese, ovvero quando è in atto il solstizio d’estate, l’asse terrestre presenta un’inclinazione tale da garantire la massima durata di luce nell’arco delle 24 ore correnti. Alle calende di giugno le fu dedicato un rituale specifico, in ricordo di un tempio a lei dedicato edificato, in precedenza, sul Campidoglio. Per l’occasione, la Dea Giunone, si nominava con l’appellativo Moneta: colei che avverte, l’ammonitrice. Figlia di Saturno, Hera, o Era, nella mitologia greca non era solo bellissima, ma superava in regalità tutte le altre ed era la protettrice della vita femminile: a lei infatti si rivolgevano le preghiere delle giovani che desideravano sposarsi e le spose che chiedevano la fertilità; inoltre proteggeva le spose caste e fedeli, e aiutava le partorienti in difficoltà. Giugno porta dell’estate: il sole dondola sulle chiome degli ulivi del Tauro e un’orgia di profumi danza nell’aria. Un concerto di passerotti, merli, pettirossi, capinere, fringuelli e cinciallegre ammalia la mia anima, riportando al cuore i sogni perduti ,l’amore sognato, agognato, sperato. Ricordo ancora una cartolina arrivata Siena. Ritorno a percorrere la strada che porta a Melicuccà, nell’illusione che il tempo non è mai passato, non ha sparigliatole carte, portando lutti e dolore. Ritorno a percorre stradine coronate di papaveri rossi e gialle margherite, che portano al Santo di Padova. Spesso le lucertole attraversano la strada, anche loro amiche di sempre. Rinnovo preghiere, richieste e speranze , vorrei essere ascoltata, non essere ancora rifiutata. Il pane profuma di casa, di nonna, di amore, di passato. Melicuccà coronata di preghiera e poesia: “Non seppellitemi vivo”, scrisse il grande Lorenzo Calogero. “Non seppellite le mie preghiere, non seppellite i miei sogni”, scrive la piccola poetessa della Piana. Giugno: mi aspetta il mare , mentre i gabbiani danzano attorno allo scoglio. Mi aspetta il mare, per accogliermi nel suo voluttuoso abbraccio. Mare che profuma di fresco , di pesce di sale. Dalla costa arriva il profumo della menta, dell’alloro, del timo e del rosmarino. Mi perdo nell’orizzonte infinito, vorrei partire, ma devo ancora restare. Le campane di San Gaetano suonano, la loro celeste melodia arriva al mio cuore, raccolgo preghiere e tento di cancellare il dolore, ritorna la brezza gentile . Giugno porta dell’estate e del perduto amore.
Caterina Sorbara